La “protezione penale” prevista dal decreto Bollette per chi beneficia della tregua fiscale ha regole specifiche: vale solo per alcuni reati tributari ed è sottoposta a una procedura che ne condiziona l’efficacia per il contribuente.
Con l’articolo 23 del decreto legge 34/2023 è stata prevista una causa speciale di non punibilità per alcuni reati tributari, nel caso in cui le violazioni collegate siano correttamente definite con il versamento integrale delle somme dovute dal contribuente in applicazione degli istituti introdotti con la tregua fiscale dalla legge di Bilancio 2023 (legge 197/2022, articolo 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252). È una norma di raccordo tra le varie definizioni fiscali e il procedimento penale collegato ai reati di omesso versamento di ritenute (articolo 10-bis del Dlgs 74/2000), omesso versamento dell’Iva (articolo 10-ter dello stesso decreto) e indebita compensazione di crediti non spettanti (articolo 10-quater, comma 1). Restano fuori i reati tributari più “gravi” come quelli collegati alle fatture o ai crediti inesistenti. Non si tratta di un condono penale specifico collegato alla tregua fiscale, ma di una procedura diversa rispetto a una causa di non punibilità che è già a regime nel nostro ordinamento con tempistiche e modalità differenti, dal momento che – per la procedura a regime – c’è la tagliola dell’apertura del dibattimento penale di primo grado come termine ultimo per il versamento del dovuto.
Ricordiamo infatti che con il Dlgs 158/2015 era stato modificato, nell’ordinamento penale tributario, l’articolo 13 del Dlgs 74/2000, in modo tale che i reati di omesso versamento Iva e ritenute e il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti – quindi gli stessi indicati nel decreto Bollette – non risultano punibili se tutte le somme a titolo di imposte, sanzioni e interessi sono versate entro la dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. Il versamento è effettuabile anche usufruendo degli istituti deflattivi quali conciliazione giudiziale, adesione o ravvedimento operoso.
La differenza procedurale, importante, consiste nella tempistica entro cui devono essere fatti i pagamenti per usufruire della causa di non punibilità: per quanto riguarda l’articolo 13, il termine ultimo è l’apertura del dibattimento penale (con possibile proroga concessa dal giudice sino a sei mesi); per le definizioni previste dalla legge 197/2022, invece, il decreto legge introduce una disciplina particolare, secondo cui la causa di non punibilità è automatica nel momento in cui la definizione agevolata (tramite avviso bonario, ravvedimento operoso speciale, definizione della lite e rottamazione-quater) è stata correttamente eseguita dal contribuente con il versamento di tutte le rate nei termini previsti dalla normativa.
Unico limite è la definizione delle relative procedure prima della pronuncia della sentenza di appello, il che ammette anche chi abbia già subìto una condanna in primo grado (si veda Il Sole 24 Ore di sabato 1° aprile). È previsto anche un sistema di comunicazione tra contribuente, autorità penale e agenzia delle Entrate che serve a sospendere il procedimento penale. Il soggetto interessato infatti dovrà comunicare all’autorità giudiziaria l’avvenuto versamento degli importi dovuti o della prima rata e contestualmente dovrà informare le Entrate indicando gli estremi del procedimento penale. In tal caso il procedimento penale viene sospeso sino al momento in cui il giudice non riceve dalle Entrate la comunicazione che la definizione è andata a buon fine e che vi è stato l’integrale versamento di tutte le somme dovute.
Sarà importante per il contribuente valutare bene quali sono le contestazioni fiscali e penali che gli sono state rivolte in quanto, come visto, solo alcuni reati sono ammessi mentre per altri vi sono strade alternative. Si pensi al caso della contestazione per le indebite compensazioni del credito ricerca e sviluppo ex articolo 3 del Dl 145/2013. In tal caso il legislatore ha introdotto una sanatoria ad hoc (articolo 5, commi da 7 a 12, del Dl 146/2021), limitatamente alle spese sostenute ma ritenute non agevolabili, che prevede il riversamento solo del credito utilizzato (per attività di R&S svolte dal 2015 al 2019) con lo stralcio delle sanzioni amministrative, degli interessi e la non punibilità penale per il reato di indebita compensazione.
Gli uffici dell’Agenzia hanno spesso qualificato questo tipo di indebite compensazioni come utilizzo di crediti inesistenti (invece di non spettanti) con la conseguenza che il reato contestato è l’articolo 10-quater, comma 2, del Dlgs 74/2000. Escluso dal decreto Bollette. In questi casi il contribuente che voglia usufruire della causa di non punibilità penale dovrà utilizzare la procedura introdotta dalla sanatoria per i crediti da R&S con il versamento integrale del credito utilizzato (tre rate: 16 dicembre 2023, 16 dicembre 2024 e 16 dicembre 2025). Se decidesse invece di utilizzare uno degli istituti introdotti con la tregua fiscale potrebbe, al più, usufruire dell’attenuante prevista dall’articolo 13-bis del Dlgs 74/2000.